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Dispensa - Corso Arte Floreale III livello

Arte Floreale per la liturgia a cura di Don Danilo Priori e Sr Piera M. Moretti pd


«Vorremmo lasciarvi una raccomandazione: quella di avere sempre, in primo luogo, come principale preoccupazione per voi e per le anime, il sensus Ecclesiae, Amore e fedeltà alla Chiesa senza il quale la decorazione floreale, come ogni altra arte a servizio della liturgia e del mistero celebrato; invece che aiutare a pregare, può essere fonte di disagio, di dissipazione, di incrinatura del sacro, quando non di divisione nella stessa comunità dei fedeli.
1) Sensus Ecclesiae vorrà dire per voi attingere nell' obbedienza, nella preghiera e nella vita interiore le ragioni alte ed elevatrici del vostro ministero.
2) Sensus Ecclesiae vorrà dire ancora studiare a fondo i documenti pontifici e Conciliari per essere continuamente aggiornate sui criteri che regolano la vita liturgica.
3) Sensus Ecclesiae vorrà dire infine discernimento per quanto riguarda la composizione floreale nella liturgia: non tutto è valido, non tutto è lecito, non tutto è buono. Qui “il sacro» deve congiungersi col “bello», in una armoniosa e devota sintesi, che permetta alle capacità delle varie assemblee di esprimere pienamente la loro fede, per la gloria di Dio e per l'edificazione del Corpo mistico».
( Paolo VI nel discorso del 15 aprile 1971 all’Associazione santa Cecilia
riferite al canto e noi le abbiamo adattate all’arte floreale per la liturgia).


Esigenze
- Primo atteggiamento da assumere:
“Accolgo con meraviglia la bellezza della creazione e gioisco di poterla esaltare con composizioni floreali”.
- L’artista liturgico, di qualunque disciplina artistica, è un mistagogo: aiuta a entrare nel mistero.
- Come ogni Arte per e della liturgia lo statuto è “far vedere”, nella fede il Mistero ed entrare, partecipare, lasciarsi salvare da esso: “come avevamo udito così abbiamo visto nella città del nostro Dio…”(Salmo 48,9).
Ciò che caratterizza quest’arte perché sia liturgica è l’aderenza alla Parola e al senso del Rito in maniera che la presenza del fiore faccia parte di un tutto celebrativo, sia, insomma, celebrazione dell’evento.

1. Per un servizio mistagogico: conoscenza della Parola, poi dalla Parola alla composizione (importanza della Lectio divina); i fiori nella Bibbia; conoscenza dell’Anno Liturgico e le sue feste; introduzione al Lezionario; i sacramenti e le altre celebrazioni liturgiche.
2. È bene conoscere i fiori nella storia dell’arte.
3. Per comporre un bouquet per e nella liturgia dobbiamo essere iniziati alla lettura dello spazio liturgico delle nostre chiese.
4. Avere l’arte di “arredare” considerando: un tempo, uno spazio, degli spazi, un evento, una atmosfera, un abitare…
5. Avere una formazione tecnica:
- il colore e i colori; i fiori e il loro linguaggio
- Osservare, educare lo sguardo: accogliere, vivere la creazione ed offrirla
- Oltre alla conoscenza delle composizione floreali: forme stereotipe, forme libere, è necessario un accenno all’Ikebana.
- Vedere il condizionamento dei vegetali, montaggi, contenitori, materiali.
Come la musica, i canti, la luce, la parola, il gesto, il profumo, la danza, la bellezza del lino e della seta, l’architettura e la pittura, i fiori sono un linguaggio capace di introdurre all’esperienza di Dio.
Essi sono presenti nella liturgia per un umile servizio: preparare l’ambiente dove Dio incontra il suo popolo, la sua sposa, un incontro “nuziale”, di “alleanza”, che occorre sia segnato dalla bellezza sobria ed elegante, dalla festa e dalla gratuità.


NORMATIVA ECCLESIASTICA SULL’USO LITURGICO DEI FIORI
a. Schema dei principali documenti
Il presente schema riassuntivo sulle norme ora vigenti riguardo l’arredo floreale nelle chiese, nei tempi e nei modi consentiti, fa riferimento ai principali documenti della Santa Sede e della Conferenza Episcopale Italiana.
In particolare sono stati presi in considerazione:
• Ordinamento Generale del Messale Romano
• La progettazione della nuove chiese
• L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica
• Rito della Dedicazione della Chiesa e dell’altare
• Cerimoniale dei Vescovi
• Rituale per l’apertura della Porta santa (giubileo 2000)

b. Luoghi liturgici
1) Fioriere: qualora siano state progettate e realizzate appositamente
2) Altare: l’ornamento dei fiori sia sempre misurato e, piuttosto che sopra la mensa dell’altare, si disponga attorno ad esso
3) Ambone
4) Cero pasquale
5) Area o fonte battesimale
6) Custodia eucaristica
7) Portale d’ingresso
8) Immagine di Maria (con una moderazione tale da non competere mai con l’altare, l’ambone o il fonte)
9) Altri luoghi dell’aula da studiare e valutare di volta in volta a seconda delle diverse celebrazioni.

c. Tempi liturgici
1) Nell’ornare l’altare si agisca con moderazione
2) Nel tempo di Avvento l’altare sia ornato di fiori con quella misura che conviene alla natura di questo tempo, evitando di anticipare la gioia piena della Natività del Signore.
3) Nel tempo di Quaresima è proibito ornare l’altare con fiori. Fanno eccezione tuttavia la domenica Laetare (IV di quaresima), le solennità e le feste.
- Sono assolutamente proibiti i fiori finti di qualsiasi materiale essi siano.
- È consentito, anzi auspicabile, l’uso di frutti, bacche, piante odorose e quanto altro la natura così abbondantemente ci offre.
I documenti della Chiesa e i libri liturgici, anche i più recenti, sono molto sobri nel trattare questo argomento e i richiami all'uso dei fiori nella Liturgia sono molto brevi. Anche la Costituzione conciliare 'Sacrosanctum Concilium' non si occupa in modo esplicito della presenza dei fiori nel culto, ma attraverso una attenta lettura si possono cogliere in alcuni passi del documento degli accenni che si possono riferire anche all'uso dei fiori.

1. Ordinamento generale del messale romano (2004)
Nei Praenotanda in uso fino a poco tempo fa non si accennava minimamente ai fiori come ornamento dell'altare per la celebrazione eucaristica, tranne che nelle Precisazioni al Messale Romano del 1983 al n.°14: Si faccia attenzione a non ridurre l’altare a un supporto di oggetti che nulla hanno a che fare con la liturgia eucaristica. Anche i candelieri e i fiori siano sobri per numero e dimensione e la collocazione non sia tanto ingombrante da sminuire il valore delle suppellettili sacre e dei segni liturgici.
È, pertanto, molto interessante leggere nella nuova edizione un riferimento specifico non solo sull’uso dei fiori, ma anche sul luogo ove metterli in relazione all’altare. Sull’ambone non viene detto nulla, come pure sull’uso di porre i fiori sotto le immagini della Madonna e dei santi, mentre qualche indicazione è data in merito al luogo della custodia eucaristica.
n.° 305: Nell’ornare l’altare si agisca con moderazione. Nel tempo di Avvento l’altare sia ornato di fiori con quella misura che conviene alla natura di questo tempo, evitando di anticipare la gioia piena della Natività del Signore. Nel tempo di Quaresima è proibito ornare l’altare con fiori. Fanno eccezione tuttavia la domenica Laetare (IV di quaresima), le solennità e le feste. L’ornamento dei fiori sia sempre misurato e, piuttosto che sopra la mensa dell’altare, si disponga attorno ad esso.
n.° 306: Infatti sopra la mensa dell’altare possono disporsi solo le cose richieste per la celebrazione della Messa: l’Evangelario dall’inizio della celebrazione fino alla proclamazione del Vangelo; il calice con la patena, la pisside, se necessaria, il corporale, il purificatoio, la palla e il Messale siano disposti sulla mensa solo dal momento della presentazione dei doni fino alla purificazione dei vasi.
n.° 314: […] il Ss. Sacramento sia conservato nel tabernacolo collocato in una parte della chiesa assai dignitosa, insigne, ben visibile, ornata decorosamente e adatta alla preghiera.
n.° 292: L'arredamento della chiesa si ispiri a una nobile semplicità, piuttosto che al fasto. Nella scelta degli elementi per l’arredo, si curi la verità delle cose e si tenda all'educazione dei fedeli e alla dignità di tutto il luogo sacro.
2. La progettazione di nuove chiese (1993)
Nota Pastorale Commissione Episcopale per la Liturgia della C.E.I.
n.°18: Nella scelta degli elementi per l'arredamento si abbia di mira una nobile semplicità piuttosto che il fasto, si curi la verità delle cose e si tenda alla educazione dei fedeli e alla dignità di tutto il luogo sacro. L'orientamento di base per la cura dell'arredo è dunque quello dell'autenticità delle forme, dei materiali e della destinazione dei mobili e degli oggetti.
Ciò vale in particolare per la scelta e l'uso di elementi naturali come ad esempio i fiori e le piante, la cera e il legno.
Quanto all'arredo floreale, può essere opportuno progettare una o più fioriere nell'area presbiteriale, non solo per l'effetto di ordine, ma per l'uso liturgico nei tempi e nei modi consentiti.

3. l’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica (1996)
Nota Pastorale Commissione Episcopale per la Liturgia della C.E.I.
n.° 24 : f) per quanto concerne la collocazione dell’arredo floreale, è opportuno tenerne conto nella redazione dei progetti di adeguamento liturgico, data la rilevanza che tale arredo può assumere nella decorazione dell’altare e degli altri luoghi della chiesa.
n.° 29: Il principale segno da mettere in evidenza nell’adattamento del fonte e del battistero –ancora prima di altri elementi, come il cero pasquale, eventuali immagini, l’arredo floreale e gli altri arredi – è l’acqua del fonte battesimale […].

4. Rito della dedicazione della chiesa e dell’altare (1987)
n.° 929: Ad ritum dedicationis altaris celebrandum, haec parentur (per celebrare il rito della dedicazione dell’altare, si preparino queste cose):
o) pro opportunitate, flores (secondo l’opportunità, fiori)
n.° 931: Si reliquiae Sanctorum sub altari condendae sunt, haec parentur (se le reliquie dei santi sono poste sotto l’altare si preparino queste cose):
a) in loco ex quo incipit processio (nel luogo dal quale inizia la processione):
- capsa cum reliquiis, floribus et facibus circumdata (cassetta con le reliquie circondata da fiori e luci)
n.° 958: Ad ritum benedictionis ecclesiae celebrandum, haec parentur (per celebrare il rito della benedizione della chiesa, si preparino queste cose).
d) tobalea, cerea, candelabra et, pro opportunitate, flores (tovaglia, candele, candelabri e, secondo l’opportunità, fiori).
n.° 981: Ministri altare cooperint tobalea et, pro opportunitate, floribus exornant (i ministri coprano l’altare con la tovaglia e, secondo l’opportunità, lo ornino con fiori.

5. Caeremoniale episcoporum (1984)
Parla dell’uso non uso dei fiori secondo i tempi liturgici:
- Tempo di Avvento
n.° 236: Tempore Adventus […] altare florum ornatur ea moderatione, quae indoli huius temporis conveniat (in tempo di Avvento […] l’altare sia ornato di fiori con quella moderazione, che conviene al carattere di questo tempo).
- Tempo di Quaresima
n.° 252: Hoc tempore altare floribus ornari prohibetur (in questo tempo è proibito ornate l’altare con fiori).
- Rito delle esequie
n.° 824: In celebratione exequiarumn omnino servetur nobilis simplicitas. […] altare floribus ne ornetur (nella celebrazione delle esequie sia osservata in ogni cosa la nobile semplicità[…] l’altare non sia ornato con fiori).
- Tra le cose da preparare per la reposizione del Ss.Sacramento
n.° 299: c) lumina, flores et ali ornamenta opportuna (luci, fiori e altri opportuni ornamenti)
- Nell’esposizione eucaristica per l’adorazione
n.° 1104: […] pro opportunitate, flores supra vel circa altare (secondo l’opportunità, fiori sopra o attorno all’altare).

6. Direttorio su pietà popolare e liturgia (2002)
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti
n.° 26: Sono note alcune espressioni di culto ai martiri di sicura ascendenza popolare: lucerne che ardevano presso il sepolcro; serti di foglie e di fiori, che davano una nota festiva al sacro luogo; profumi e aromi sparsi sulla tomba del martire; oggetti vari e soprattutto stoffe […] che, messi a contatto con la tomba venerata, erano ritenuti preziose, autentiche reliquie […].
7. Rituale previsto per il grande giubileo del 2000 (porta santa)
• L’ornamentazione della porta con fiori e l’uso di profumi, oltre che omaggio al segno di Cristo porta universale della salvezza, esprime il caratteristico aspetto di gioia costituito dall'anno giubilare (cfr. TMA 16; IM 6). La gioia espressa dai fiori e dai profumi con cui è ornata la porta prende il posto dell’aspetto penitenziale dell'acqua lustrale sparsa un tempo sugli stipiti dai penitenzieri della Basilica. Quando il Papa varcherà la soglia sarà un momento di gioia cui prenderà parte tutta la chiesa, la porta infatti è abbellita e profumata dai fedeli che partecipano nella Chiesa al sacerdozio regale di Cristo.
• La processione entra in basilica e procede verso l’altare nel seguente ordine: crocecandelieri, ministranti, laici, Autorità civili, Vescovi, Cardinali concelebranti, diacono con il Libro dei Vangeli attorniato da alcuni laici dell’America e dell’Europa con lampade e fiori, il Santo Padre.
Quando la processione giunge davanti all’altare ha luogo l’intronizzazione del Libro dei Vangeli. Il diacono colloca il Libro sull’apposito tronetto. Alcuni laici depongono le lampade e i fiori davanti al Libro dei Vangeli e quindi il Santo Padre incensa il Libro.

8. Dalle premesse al nuovo Rito del matrimonio
Conviene che il carattere festivo della celebrazione del Matrimonio si esprima in modo adeguato anche nell’ornamento della chiesa.
Gli ordinari del luogo vigilino perché, tranne gli onori dovuti, nel rispetto delle leggi liturgiche, alle autorità civili, non ci siano distinzioni di persone private o di condizioni sociali (n. 31)

9. Dal libro Benedizionale
La natura, con i suoi fiori, frutti, tempi e stagioni, entra nella liturgia di lode che l’uomo eleva al suo Creatore, così il capitolo XXXV propone la Benedizione ai campi, prati e pascoli;
I capitoli LV, LVI, LVII propongono la benedizione al mare, ai fiumi, laghi, al fuoco, al pane, al vino, all’olio, all’acqua, al sale…
Tra le offerte all’inizio delle stagioni, nelle quattro tempora, vi è l’offerta dell’olio per l’inverno, dei fiori nella primavera, delle spighe per l’estate e di grappoli d’uva per l’autunno: “Accogli con il pane e il vino per la santa Eucaristia l’offerta votiva dei fiori segno e primizia della stagione primaverile…” (n 1819).


STATUTO DELL’ARTE FLOREALE PER LA LITURGIA
(da Célébrer n 301 del dicembre 2000-gennaio 2001 - nostra traduzione per gentile concessione)
L'arte floreale a servizio della liturgia dipende dal Centro nazionale di pastorale liturgica (CNPL). Nelle diocesi e regioni essa fa parte della pastorale liturgica e sacramentale. E un servizio alla Chiesa del tutto gratuito.
1. Il responsabile diocesano
1.1 Il responsabile diocesano (uomo o donna):
- è al servizio della coesione del gruppo e gli permette di esistere;
- è garante dell'obiettivo fissato;
- ha un ruolo di animazione, di comunicazione, di collegamento;
- è l'interlocutore del servizio presso le autorità diocesane;
- è risponde del funzionamento del gruppo davanti al responsabile diocesano di Pastorale liturgica sacra-mentale e al responsabile regionale dell'arte floreale liturgica.
1.2. Essere responsabile diocesano è anzitutto un servizio e suppone qualità come:
- il senso della Chiesa e della sua liturgia;
- la capacità di lavorare in gruppo;
- sufficienti competenze (floreali, pedagogiche..);
- la capacità di scoprire le competenze degli altri e di valorizzarle.
1.3. Chi ritiene d'avere le competenze necessarie per assolvere questa funzione è presentato dal responsabile del l'équipe di arte floreale al responsabile della Pastorale liturgica sacramentale che propone la sua nomina al vescovo.
1.4. Tale responsabilità si esercita per tre anni e si può confermare per altri tre.
1.5.Il responsabile diocesano è in rapporto con il responsabile regionale e lo informa sulle attività del gruppo, così come tiene al corrente il responsabile diocesano della Pastorale liturgica sacramentale sui progetti del gruppo.
2. L'équipe diocesana
2.1. Questa équipe è al servizio della diocesi cui appartiene: fa parte della Pastorale liturgica sacramentale. La Chiesa chiama e dà la missione. È indispensabile il riconoscimento del gruppo da parte della diocesi.
2.2. Attraverso sessioni di formazione essa prepara le persone chiamate a 'fiorire" le chiese, le celebrazioni, i tempi forti vissuti in diverse comunità di vita. E poi disponibile alle istanze diocesane per aiutare chi ha l'incarico di fiorire celebrazioni o avvenimenti importanti come ordinazioni, sinodi, convegni diocesani o regionali...
2.3. Accoglie con cura pastorale
le persone che attraverso i fiori vivono la loro sofferenza e la loro gioia...
2.4. Essendo i membri del gruppo solidali gli uni con gli altri, nessuno di essi impegnerà il gruppo in qualsiasi servizio senza riferirsi al responsabile dell'équipe.
2.5. La formazione per far parte di un gruppo d'arte floreale liturgica esige solide basi in liturgia, arte floreale, pedagogia, conoscenza della Bibbia.
2.6. L'evoluzione costante e necessaria implica una formazione continua.
3. Finanze
3.1. La gestione finanziaria riguarda il costo delle sessioni formative e del materiale utilizzato ed ha modalità diverse secondo le diocesi; è sempre sotto il controllo dell'Associazione diocesana da cui dipende.
3.2.1 membri del gruppo lavorano a titolo gratuito. Per riguardo alla testimonianza usano mezzi modesti.
Cercano di mantenere accessibili i prezzi delle sessioni per permettere il più possibile la partecipazione.
3.3.1 fondi provengono essenzialmente dalle sessioni e servono a coprire le spese: materiale, fiori, spostamenti, segreteria, diffusione, affitto di sale; essi sostengono anche in parte le spese della regione.
4. La regione
4.1. Poiché le diocesi sono unite in regioni apostoliche, l'équipe d'arte floreale regionale è costituita dai gruppi diocesani. Ogni équipe ha una dinamica sua propria in uno spirito comune.
4.2.1 gruppi diocesani s'incontrano tutti insieme almeno una volta all'anno per:
- conoscersi meglio;
- riflettere sulla missione loro affidata;
- formarsi e crescere insieme nel senso di servizio ecclesiale.
- condividere (progetti, gioie, interrogativi, difficoltà...)
- concordare un programma comune di formazione.
4.3. Gli incontri regionali non sono gli unici mezzi per conoscersi.
L'aiuto vicendevole fra diocesi vicine in occasione di corsi, di realizzazioni importanti richieste da una diocesi, il sostegno ad un gruppo che si avvia... sono altrettanti mezzi per approfondire i rapporti.
5. Il responsabile e l'ufficio regionale
Il responsabile regionale
5.1. Il responsabile regionale è al servizio dell'unità e della coesione dei gruppi della regione.
5.2. Partecipa agli incontri regionali di pastorale liturgica e sacramentale.
5.3. Partecipa anche agli incontri regionali di arte floreale liturgica del CNPL due o tre volte l'anno. In tal modo assicura il legame tra la sua regione e le altre regioni e con il CNPL, in vista di costruire l'unità indispensabile ad un lavoro comune.
5.4. Organizza e convoca con l'ufficio incontri o assemblee regionali e promuovere la formazione di formatori.
5.5. Se un gruppo della sua regione è chiamato a proporre un corso fuori della sua diocesi d'origine egli ne è informato e si assicura che il responsabile diocesano interessato sia d'accordo. In caso di un corso fuori della sua regione usa lo stesso riguardo con il responsabile regionale interessato. Se manca un'équipe di arte floreale costituita, egli si rivolge al responsabile di Pastorale liturgica e sacramentale della diocesi.
5.6. Per essere responsabile regionale occorre aver lavorato nel gruppo diocesano e possedere certe attitudini, come:
- apertura.
- autorevolezza e capacità organizzativa per coordinare, delegare, far crescere...rispetto delle persone e dei gruppi.
Consultazione per la nomina del responsabile regionale
5.7. Prima di nominare il responsabile regionale si svolge una consultazione a voto segreto con i membri dei gruppi diocesani della regione. Ognuno è invitato a proporre il nome della persona che giudica adatta a divenire responsabile regionale e membro dell'ufficio regionale. Tale consultazione si fa sulla base di una lista di tutti i membri dei gruppi della regione.
5.8. Lo spoglio di questa consultazione è svolto dall'ufficio regionale (quando esiste) o dal responsabile regionale con due o tre testimoni, membri dell'arte floreale, designati da lui. Per salvaguardare la libertà di ciascuno e per rispettare le persone, i risultati della consultazione restano segreti.
Nomina del responsabile regionale
5.9. Compiuto lo spoglio della consultazione, il responsabile regionale e il suo ufficio ( o i testimoni) discernono nella preghiera la persona che può essere proposta al vescovo della regione, membro della Commissione episcopale di liturgia. Se è d'accordo, egli nomina il responsabile regionale per un mandato di tre anni rinnovabile una volta e gli manda una lettera di missione. Comunica il nome del nuovo responsabile regionale al CNPL e ai responsabili di Pastorale liturgica sacramentale delle diocesi della regione.
5.10. Se per gravi motivi il responsabile è impedito di svolgere la sua funzione affida l'interim ad uno dei membri dell'ufficio. In caso d'impossibilità, l'ufficio voterà per uno dei suoi membri che assicurerà l'interim fino alla nomina successiva
Nomina dei membri dell'ufficio
5.11. Costoro sono chiamati dal responsabile regionale e dal suo ufficio, quando esiste, sulla base della consultazione svolta per la nomina del responsabile regionale.
6. Finanze della regione
6.1. Le gestione finanziaria ha modalità diverse secondo le regioni.
6.2. Le uscite riguardano:
- le spese di lavoro del gruppo (segreteria, pubblicità, telefono, trasferte...)
- le spese di formazione dei formatori.
6.3. L'ufficio regionale designa un tesoriere che tiene la contabilità della regione. Ogni anno egli presenta il bilancio all'assemblea regionale e al responsabile di Pastorale liturgica sacramentale che ha pure la firma del conto bancario, se esiste.
6.4. Proposta per costituire una cassa regionale: ogni diocesi versa il 10% del prezzo dei corsi alla regione.
7. L'ufficio nazionale
7.1. E'al servizio di tutte le regioni apostoliche di arte floreale per la liturgia e crea il legame con il CNPL.
lì suo ruolo è quello di vivacizzare, fare proposte, promuovere, accompagnare, sostenere i responsabili nella loro missione e ascoltare ciò che si vive nelle regioni.
7.2. E composto da 5 a 8 persone di diverse regioni, nominate, su proposta dell'ufficio in carica, dal direttore del CNPL, per la durata di tre anni rinnovabile una volta.
7.3. Alla sua nomina, ogni membro riceve una lettera di missione.
7.4. Il direttore del CNPL è membro di diritto di questo ufficio.
8. L'équipe dei formatori
8.1. E' composta da 3 a 5 membri nominati dal direttore del CNPL su proposta dell'ufficio. Le persone che la compongono hanno, o ricevono, la competenza necessaria in liturgia, pedagogia, arte floreale... Uno dei membri fa parte dell'ufficio nazionale.
8.2. L'équipe è a disposizione delle diocesi o delle regioni che necessitano di una formazione di formatori o che desiderano avviare gruppi.
8.3. I membri di questa équipe lavorano gratuitamente per un mandato di tre anni rinnovabile una volta.


IL MISTERO PASQUALE NEI SACRAMENTI DELLA CHIESA
Dal Catechismo della chiesa Cattolica

«Pertanto, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini , non dovevano limitarsi ad annunciare che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, bensì dovevano anche attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica. Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati, ricevono lo Spirito dei figli adottivi, « che ci fa esclamare: Abba, Padre» (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà. Perciò, proprio nel giorno di Pentecoste, che segnò la manifestazione della Chiesa al mondo, «quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati » ed erano « assidui all'insegnamento degli apostoli, alla comunione fraterna nella frazione del pane e alla preghiera... lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo » (At 2,41-42,47). Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale: leggendo « in tutte le Scritture ciò che lo riguardava» (Lc 24,27), celebrando l'eucaristia, nella quale « vengono resi presenti la vittoria e il trionfo della sua morte » e rendendo grazie « a Dio per il suo dono ineffabile» (2 Cor 9,15) nel Cristo Gesù, «a lode della sua gloria» (Ef 1,12), per virtù dello Spirito Santo» (SC 6 - La liturgia attua l'opera della salvezza propria della Chiesa).

1113 Tutta la vita liturgica della Chiesa gravita attorno al sacrificio eucaristico e ai sacramenti. (39) Nella Chiesa vi sono sette sacramenti: il Battesimo, la Confermazione o Crismazione, l'Eucaristia, la Penitenza, l'Unzione degli infermi, l'Ordine, il Matrimonio. (40) In questo articolo viene trattato ciò che è comune ai sette sacramenti della Chiesa, dal punto di vista dottrinale. Quanto è loro comune riguardo alla celebrazione sarà esposto nel capitolo secondo, mentre ciò che è proprio a ciascuno di essi costituirà l'oggetto della sezione seconda.

I. I sacramenti di Cristo
1114 « Attenendoci alla dottrina delle Sacre Scritture, alle tradizioni apostoliche e all'unanime pensiero [...] dei Padri », (41) noi professiamo « che i sacramenti della nuova Legge [...] sono stati istituiti tutti da Gesù Cristo nostro Signore ». (42)
1115 Le parole e le azioni di Gesù nel tempo della sua vita nascosta e del suo ministero pubblico erano già salvifiche. Esse anticipavano la potenza del suo mistero pasquale. Annunziavano e preparavano ciò che egli avrebbe donato alla Chiesa quando tutto fosse stato compiuto. I misteri della vita di Cristo costituiscono i fondamenti di ciò che, ora, Cristo dispensa nei sacramenti mediante i ministri della sua Chiesa, poiché « ciò che [...] era visibile nel nostro Salvatore è passato nei suoi sacramenti ». (43)
1116 « Forze che escono » dal corpo di Cristo, (44) sempre vivo e vivificante, azioni dello Spirito Santo operante nel suo corpo che è la Chiesa, i sacramenti sono i « capolavori di Dio » nella Nuova ed eterna Alleanza.

II. I sacramenti della Chiesa
1117 Per mezzo dello Spirito che la guida « alla verità tutta intera » (Gv 16,13), la Chiesa ha riconosciuto a poco a poco questo tesoro ricevuto da Cristo e ne ha precisato la « dispensazione », come ha fatto per il canone delle divine Scritture e la dottrina della fede, quale fedele amministratrice dei misteri di Dio. (45) Così la Chiesa, nel corso dei secoli, è stata in grado di discernere che, tra le sue celebrazioni liturgiche, ve ne sono sette le quali costituiscono, nel senso proprio del termine, sacramenti istituiti dal Signore.
1118 I sacramenti sono « della Chiesa » in un duplice significato: sono « da essa » e « per essa ». Sono « dalla Chiesa » per il fatto che questa è il sacramento dell'azione di Cristo che opera in lei grazie alla missione dello Spirito Santo. E sono « per la Chiesa », sono cioè « sacramenti [...] che fanno la Chiesa », (46) in quanto manifestano e comunicano agli uomini, soprattutto nell'Eucaristia, il mistero della comunione del Dio Amore, uno in tre Persone.
1119 Poiché con il Cristo-Capo forma « quasi un'unica [...] persona mistica », (47) la Chiesa agisce nei sacramenti come « comunità sacerdotale », « organicamente strutturata »: (48) mediante il Battesimo e la Confermazione, il popolo sacerdotale è reso idoneo a celebrare la liturgia; d'altra parte alcuni fedeli, insigniti dell'Ordine sacro, « sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio ». (49)
1120 Il ministero ordinato o « sacerdozio ministeriale » (50) è al servizio del sacerdozio battesimale. Esso garantisce che, nei sacramenti, è proprio il Cristo che agisce per mezzo dello Spirito Santo a favore della Chiesa. La missione di salvezza affidata dal Padre al proprio Figlio incarnato è consegnata agli Apostoli e da essi ai loro successori; questi ricevono lo Spirito Santo di Gesù per operare in suo nome e in sua persona. (51) Il ministro ordinato è dunque il legame sacramentale che collega l'azione liturgica a ciò che hanno detto e fatto gli Apostoli, e, tramite loro, a ciò che ha detto e operato Cristo, sorgente e fondamento dei sacramenti.
1121 I tre sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell'Ordine conferiscono, oltre la grazia, un carattere sacramentale o « sigillo » in forza del quale il cristiano partecipa al sacerdozio di Cristo e fa parte della Chiesa secondo stati e funzioni diverse. Questa configurazione a Cristo e alla Chiesa, realizzata dallo Spirito, è indelebile; (52) essa rimane per sempre nel cristiano come disposizione positiva alla grazia, come promessa e garanzia della protezione divina e come vocazione al culto divino e al servizio della Chiesa. Tali sacramenti non possono dunque mai essere ripetuti.

III. I sacramenti della fede
1122 Cristo ha inviato i suoi Apostoli perché « nel suo nome », siano « predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati » (Lc 24,47). « Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28,19). La missione di battezzare, dunque la missione sacramentale, è implicita nella missione di evangelizzare, poiché il sacramento è preparato dalla Parola di Dio e dalla fede, la quale è consenso a questa Parola:
« Il popolo di Dio viene adunato innanzi tutto per mezzo della Parola del Dio vivente. [...] La predicazione della Parola è necessaria per lo stesso ministero dei sacramenti, trattandosi di sacramenti della fede, la quale nasce e si alimenta con la Parola ». (53)
1123 « I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, all'edificazione del corpo di Cristo, e, infine, a rendere culto a Dio; in quanto segni, hanno poi anche la funzione di istruire. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono chiamati sacramenti della fede ». (54)
1124 La fede della Chiesa precede la fede del credente, che è invitato ad aderirvi. Quando la Chiesa celebra i sacramenti, confessa la fede ricevuta dagli Apostoli. Da qui l'antico adagio: « Lex orandi, lex credendi » (oppure: « Legem credendi lex statuat supplicandi », secondo Prospero di Aquitania [secolo quinto]). (55) La legge della preghiera è la legge della fede, la Chiesa crede come prega. La liturgia è un elemento costitutivo della santa e vivente Tradizione. (56)
1125 Per questo motivo nessun rito sacramentale può essere modificato o manipolato dal ministro o dalla comunità a loro piacimento. Neppure l'autorità suprema nella Chiesa può cambiare la liturgia a sua discrezione, ma unicamente nell'obbedienza della fede e nel religioso rispetto del mistero della liturgia.
1126 Inoltre, poiché i sacramenti esprimono e sviluppano la comunione di fede nella Chiesa, la lex orandi è uno dei criteri essenziali del dialogo che cerca di ricomporre l'unità dei cristiani. (57)

IV. I sacramenti della salvezza
1127 Degnamente celebrati nella fede, i sacramenti conferiscono la grazia che significano. (58) Sono efficaci perché in essi agisce Cristo stesso: è lui che battezza, è lui che opera nei suoi sacramenti per comunicare la grazia che il sacramento significa. Il Padre esaudisce sempre la preghiera della Chiesa di suo Figlio, la quale, nell'epiclesi di ciascun sacramento, esprime la propria fede nella potenza dello Spirito. Come il fuoco trasforma in sé tutto ciò che tocca, così lo Spirito Santo trasforma in vita divina ciò che è sottomesso alla sua potenza.
1128 È questo il significato dell'affermazione della Chiesa: (59) i sacramenti agiscono ex opere operato (lett. « per il fatto stesso che l'azione viene compiuta »), cioè in virtù dell'opera salvifica di Cristo, compiuta una volta per tutte. Ne consegue che « il sacramento non è realizzato dalla giustizia dell'uomo che lo conferisce o lo riceve, ma dalla potenza di Dio ». (60) Quando un sacramento viene celebrato in conformità all'intenzione della Chiesa, la potenza di Cristo e del suo Spirito agisce in esso e per mezzo di esso, indipendentemente dalla santità personale del ministro. Tuttavia i frutti dei sacramenti dipendono anche dalle disposizioni di colui che li riceve.
1129 La Chiesa afferma che per i credenti i sacramenti della Nuova Alleanza sono necessari alla salvezza. (61) La « grazia sacramentale » è la grazia dello Spirito Santo donata da Cristo e propria di ciascun sacramento. Lo Spirito guarisce e trasforma coloro che li ricevono conformandoli al Figlio di Dio. Il frutto della vita sacramentale è che lo Spirito di adozione deifica (62) i fedeli unendoli vitalmente al Figlio unico, il Salvatore.

V. I sacramenti della vita eterna
1130 La Chiesa celebra il mistero del suo Signore « finché egli venga » (1 Cor 11,26) e « Dio sia tutto in tutti » (1 Cor 15,28). Dall'età apostolica la liturgia è attirata verso il suo fine dal gemito dello Spirito nella Chiesa: « Marana tha! » (1 Cor 16,22). La liturgia condivide così il desiderio di Gesù: « Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, [...] finché essa non si compia nel regno di Dio » (Lc 22,15-16). Nei sacramenti di Cristo la Chiesa già riceve la caparra della sua eredità, già partecipa alla vita eterna, pur « nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo » (Tt 2,13). « Lo Spirito e la Sposa dicono: "Vieni!" [...]. Vieni, Signore Gesù! » (Ap 22,17.20).
San Tommaso riassume così le diverse dimensioni del segno sacramentale: « Il sacramento è segno commemorativo del passato, ossia della passione del Signore; è segno dimostrativo del frutto prodotto in noi dalla sua passione, cioè della grazia; è segno profetico, che preannunzia la gloria futura ». (63)

Segni e simboli
1145 Una celebrazione sacramentale è intessuta di segni e di simboli. Secondo la pedagogia divina della salvezza, il loro significato si radica nell'opera della creazione e nella cultura umana, si precisa negli eventi materiali dell'Antica Alleanza e si rivela pienamente nella persona e nell'opera di Cristo.
1146 Segni del mondo degli uomini. Nella vita umana segni e simboli occupano un posto importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l'uomo esprime e percepisce le realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. In quanto essere sociale, l'uomo ha bisogno di segni e di simboli per comunicare con gli altri per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni. La stessa cosa avviene nella sua relazione con Dio.
1147 Dio parla all'uomo attraverso la creazione visibile. L'universo materiale si presenta all'intelligenza dell'uomo perché vi legga le tracce del suo Creatore. (83) La luce e la notte, il vento e il fuoco, l'acqua e la terra, l'albero e i frutti parlano di Dio, simboleggiano ad un tempo la sua grandezza e la sua vicinanza.
1148 In quanto creature, queste realtà sensibili possono diventare il luogo in cui si manifesta l'azione di Dio che santifica gli uomini, e l'azione degli uomini che rendono a Dio il loro culto. Ugualmente avviene per i segni e i simboli della vita sociale degli uomini: lavare e ungere, spezzare il pane e condividere il calice possono esprimere la presenza santificante di Dio e la gratitudine dell'uomo verso il suo Creatore.
1149 Le grandi religioni dell'umanità testimoniano, spesso in modo impressionante, tale senso cosmico e simbolico dei riti religiosi. La liturgia della Chiesa presuppone, integra e santifica elementi della creazione e della cultura umana conferendo loro la dignità di segni della grazia, della nuova creazione in Gesù Cristo.
1150 Segni dell'Alleanza. Il popolo eletto riceve da Dio segni e simboli distintivi che caratterizzano la sua vita liturgica: non sono più soltanto celebrazioni di cicli cosmici e di gesti sociali, ma segni dell'Alleanza, simboli delle grandi opere compiute da Dio per il suo popolo. Tra questi segni liturgici dell'Antica Alleanza si possono menzionare la circoncisione, l'unzione e la consacrazione dei re e dei sacerdoti, l'imposizione delle mani, i sacrifici, e soprattutto la pasqua. In questi segni la Chiesa riconosce una prefigurazione dei sacramenti della Nuova Alleanza.
1151 Segni assunti da Cristo. Nella sua predicazione il Signore Gesù si serve spesso dei segni della creazione per far conoscere i misteri del regno di Dio. (84) Compie guarigioni o dà rilievo alla sua predicazione con segni o gesti simbolici. (85) Conferisce un nuovo significato ai fatti e ai segni dell'Antica Alleanza, specialmente all'esodo e alla pasqua, (86) poiché egli stesso è il significato di tutti questi segni.
1152 Segni sacramentali. Dopo la pentecoste, è mediante i segni sacramentali della sua Chiesa che lo Spirito Santo opera la santificazione. I sacramenti della Chiesa non aboliscono, ma purificano e integrano tutta la ricchezza dei segni e dei simboli del cosmo e della vita sociale. Inoltre essi danno compimento ai tipi e alle figure dell'Antica Alleanza, significano e attuano la salvezza operata da Cristo, prefigurano e anticipano la gloria del cielo.

Parole e azioni
1153 Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole. Anche se le azioni simboliche già per se stesse sono un linguaggio, è tuttavia necessario che la Parola di Dio e la risposta della fede accompagnino e vivifichino queste azioni, perché il seme del Regno porti il suo frutto nella terra buona. Le azioni liturgiche significano ciò che la Parola di Dio esprime: l'iniziativa gratuita di Dio e, nello stesso tempo, la risposta di fede del suo popolo.
1154 La liturgia della Parola è parte integrante delle celebrazioni sacramentali. Per nutrire la fede dei credenti, devono essere valorizzati i segni della Parola di Dio: il libro della Parola (lezionario o evangeliario), la venerazione di cui è fatta oggetto (processione, incenso, candele), il luogo da cui viene annunziata (ambone), la sua proclamazione udibile e comprensibile, l'omelia del ministro che ne prolunga la proclamazione, le risposte dell'assemblea (acclamazioni, salmi di meditazione, litanie, professione di fede).
1155 Inseparabili in quanto segni e insegnamento, le parole e le azioni liturgiche lo sono anche in quanto realizzano ciò che significano. Lo Spirito Santo non si limita a dare l'intelligenza della Parola di Dio suscitando la fede; attraverso i sacramenti egli realizza anche le « meraviglie » di Dio annunziate dalla Parola; rende presente e comunica l'opera del Padre compiuta dal Figlio diletto.

Le sacre immagini
1159 La sacra immagine, l'icona liturgica, rappresenta soprattutto Cristo. Essa non può rappresentare il Dio invisibile e incomprensibile; è stata l'incarnazione del Figlio di Dio ad inaugurare una nuova « economia » delle immagini:
« Un tempo Dio, non avendo né corpo, né figura, non poteva in alcun modo essere rappresentato da una immagine. Ma ora che si è fatto vedere nella carne e che ha vissuto con gli uomini, posso fare una immagine di ciò che ho visto di Dio. [...] A viso scoperto, noi contempliamo la gloria del Signore ». (96)
1160 L'iconografia cristiana trascrive attraverso l'immagine il messaggio evangelico che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la parola. Immagine e parola si illuminano a vicenda:
« In poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni della Chiesa, sia scritte che orali. Una di queste riguarda la raffigurazione del modello mediante una immagine, in quanto si accordi con la lettera del messaggio evangelico, in quanto serva a confermare la vera e non fantomatica incarnazione del Verbo di Dio e procuri a noi analogo vantaggio, perché le cose rinviano l'una all'altra in ciò che raffigurano come in ciò che senza ambiguità esse significano ». (97)
1161 Tutti i segni della celebrazione liturgica sono riferiti a Cristo: lo sono anche le sacre immagini della santa Madre di Dio e dei santi, poiché significano Cristo che in loro è glorificato. Esse manifestano « il gran numero di testimoni » (Eb 12,1) che continuano a partecipare alla salvezza del mondo e ai quali noi siamo uniti, soprattutto nella celebrazione sacramentale. Attraverso le loro icone, si rivela alla nostra fede l'uomo creato « a immagine di Dio », e trasfigurato « a sua somiglianza », (98) come pure gli angeli, anch'essi ricapitolati in Cristo:
« Procedendo sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi Padri e la Tradizione della Chiesa cattolica – riconosciamo, infatti, che lo Spirito Santo abita in essa – noi definiamo con ogni rigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella dell'immacolata Signora nostra, la santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti ». (99)
1162 « La bellezza e il colore delle immagini sono uno stimolo per la mia preghiera. È una festa per i miei occhi, così come lo spettacolo della campagna apre il mio cuore a rendere gloria a Dio ». (100) La contemplazione delle sante icone, unita alla meditazione della Parola di Dio e al canto degli inni liturgici, entra nell'armonia dei segni della celebrazione in modo che il mistero celebrato si imprima nella memoria del cuore e si esprima poi nella novità di vita dei fedeli.

IV. Dove celebrare?
1179 Il culto « in spirito e verità » (Gv 4,24) della Nuova Alleanza non è legato ad un luogo esclusivo. Tutta la terra è santa e affidata ai figli degli uomini. Quando i fedeli si riuniscono in uno stesso luogo, la realtà più importante è costituita dalle « pietre vive », messe insieme « per la costruzione di un edificio spirituale » (1 Pt 2,5). Il corpo di Cristo risorto è il tempio spirituale da cui sgorga la sorgente d'acqua viva. Incorporati a Cristo dallo Spirito Santo, « noi siamo il tempio del Dio vivente » (2 Cor 6,16).
1180 Quando non viene ostacolato l'esercizio della libertà religiosa, (125) i cristiani costruiscono edifici destinati al culto divino. Tali chiese visibili non sono semplici luoghi di riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo.
1181 « La casa di preghiera in cui l'Eucaristia è celebrata e conservata; in cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio nostro Salvatore, che si è offerto per noi sull'altare del sacrificio, viene venerata a sostegno e consolazione dei fedeli, dev'essere nitida e adatta alla preghiera e alle sacre funzioni ». (126) In questa « casa di Dio », la verità e l'armonia dei segni che la costituiscono devono manifestare Cristo che in quel luogo è presente e agisce: (127)
1182 L'altare della Nuova Alleanza è la croce del Signore (128) dalla quale scaturiscono i sacramenti del mistero pasquale. Sull'altare, che è il centro della chiesa, viene reso presente il sacrificio della croce sotto i segni sacramentali. Esso è anche la Mensa del Signore, alla quale è invitato il popolo di Dio. (129) In alcune liturgie orientali, l'altare è anche il simbolo della tomba (Cristo è veramente morto e veramente risorto).
1183 Il tabernacolo, nelle chiese, deve essere situato « in luogo distintissimo, col massimo onore ». (130) La nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico (131) devono favorire l'adorazione del Signore realmente presente nel Santissimo Sacramento dell'altare. Il sacro crisma (Myron), la cui unzione è il segno sacramentale del sigillo del dono dello Spirito Santo, è tradizionalmente conservato e venerato in un luogo sicuro della chiesa. Vi si può collocare anche l'olio dei catecumeni e quello degli infermi.
1184 La sede del Vescovo (cattedra) o del presbitero « deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l'assemblea e di guidare la preghiera ». (132) L'ambone: « L'importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata e verso il quale, durante la liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l'attenzione dei fedeli ». (133)
1185 Il radunarsi del popolo di Dio ha inizio con il Battesimo; la chiesa deve quindi avere un luogo per la celebrazione del Battesimo (battistero) e favorire il ricordo delle promesse battesimali (acqua benedetta). Il rinnovamento della vita battesimale esige la penitenza. La chiesa deve perciò prestarsi all'espressione del pentimento e all'accoglienza del perdono, e questo comporta un luogo adatto per accogliere i penitenti. La chiesa deve anche essere uno spazio che invita al raccoglimento e alla preghiera silenziosa, la quale prolunga e interiorizza la grande preghiera dell'Eucaristia.
1186 Infine, la chiesa ha un significato escatologico. Per entrare nella casa di Dio bisogna varcare una soglia, simbolo del passaggio dal mondo ferito dal peccato al mondo della vita nuova al quale tutti gli uomini sono chiamati. La chiesa visibile è simbolo della casa paterna verso la quale il popolo di Dio è in cammino e dove il Padre « tergerà ogni lacrima dai loro occhi » (Ap 21,4). Per questo la chiesa è anche la casa di tutti i figli di Dio, aperta e accogliente.

I Sette Sacramenti
Per mette in evidenza lo specifico ruolo di ogni sacramento attiva per formare l’organismo della chiesa, vengono così definiti:
a) I tre sacramenti dell'iniziazione cristiana: Battesimo, comunione, cresima.
1212 Con i sacramenti dell'iniziazione cristiana, il Battesimo, la Confermazione e l'Eucaristia, sono posti i fondamenti di ogni vita cristiana. « La partecipazione alla natura divina, che gli uomini ricevono in dono mediante la grazia di Cristo, rivela una certa analogia con l'origine, lo sviluppo e l'accrescimento della vita naturale. Difatti i fedeli, rinati nel santo Battesimo, sono corroborati dal sacramento della Confermazione e, quindi, sono nutriti con il cibo della vita eterna nell'Eucaristia, sicché, per effetto di questi sacramenti dell'iniziazione cristiana, sono in grado di gustare sempre più e sempre meglio i tesori della vita divina e progredire fino al raggiungimento della perfezione della carità ». ( Paolo VI, Cost. ap. Divinae consortium naturae: AAS 63 (1971) 657; cf Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti, Introduzione generale, 1-2 (Libreria Editrice Vaticana 1992) p. 17).

b) Poi i sacramenti della guarigione: la confessione e l’unzione degli infermi
1420 Attraverso i sacramenti dell'iniziazione cristiana, l'uomo riceve la vita nuova di Cristo. Ora, questa vita, noi la portiamo « in vasi di creta » (2 Cor 4,7). Adesso è ancora « nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3). Noi siamo ancora nella nostra abitazione terrena, (1) sottomessa alla sofferenza, alla malattia e alla morte. Questa vita nuova di figlio di Dio può essere indebolita e persino perduta a causa del peccato.
1421 Il Signore Gesù Cristo, medico delle nostre anime e dei nostri corpi, colui che ha rimesso i peccati al paralitico e gli ha reso la salute del corpo, (2) ha voluto che la sua Chiesa continui, nella forza dello Spirito Santo, la sua opera di guarigione e di salvezza, anche presso le proprie membra. È lo scopo dei due sacramenti di guarigione: del sacramento della Penitenza e dell'Unzione degli infermi.
1422 « Quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera ».
1499 « Con la sacra Unzione degli infermi e la preghiera dei presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio ».

c) E i sacramenti che sono al servizio della comunione e della missione dei fedeli:l’ordine e il matrimonio
1536 L'Ordine è il sacramento grazie al quale la missione affidata da Cristo ai suoi Apostoli continua ad essere esercitata nella Chiesa sino alla fine dei tempi: è, dunque, il sacramento del ministero apostolico. Comporta tre gradi: l'Episcopato, il presbiterato e il diaconato. [Per l'istituzione e la missione del ministero apostolico da parte di Cristo, cf nn. 874-896. Qui si tratta soltanto della via sacramentale attraverso la quale tale ministero viene trasmesso.]
1601 « Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento ».
In questo organismo l'Eucaristia occupa un posto unico in quanto è il « sacramento dei sacramenti »: « Gli altri sono tutti ordinati a questo come al loro specifico fine.


IL RITO PER LA CELEBRAZIONE DEL MATRIMONIO
Premessa
Il Rito per la celebrazione del Matrimonio, che un tempo si trovava nel Rituale Romano, fu riveduto, per disposizione del Concilio Vaticano II, nell'anno 1969, da parte della Santa Congregazione dei Riti, con la promulgazione dell'Ordo celebrandi Matrimonium, (editio typica).
La sua traduzione italiana, (Sacramento del Matrimonio), edita nel 1975 e ristampata nel 1989, è stata utilizzata per le celebrazioni di matrimoni dal 1° gennaio 1976 e fino al 27 novembre 2004.
Il 19 marzo 1990, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti promulgava una seconda edizione del medesimo Rito, (editio typica altera), più ricca nelle premesse, nei riti e nelle preghiere, con l'introduzione di alcuni variazioni, secondo quanto prevedeva il nuovo Codice di Diritto Canonico, promulgato nel 1983.
Senza entrare nei dettagli delle differenze fra le due edizioni, è importante sottolineare alcuni fatti accaduti nel frattempo:
 • nello stesso anno dell'edizione del “Sacramento del Matrimonio”, la C.E.I. approfondisce la visione teologica del matrimonio, con l'impegnativo documento su “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio” (20 giugno 1975);
 • alcuni anni dopo (1986), la C.E.I. approva la proposta dell'Ufficio liturgico nazionale di procedere a studiare e ad avviare l'adattamento dei libri liturgici che, normalmente, erano stati tradotti ut sic dall'edizione tipica latina;
 • dopo la pubblicazione dell'editio typica altera, la stessa Congregazione emana, il 25 gennaio 1994, l'Instructio de liturgia romana et inculturatione, dove, accanto ai principi generali dell'inculturazione, si parla esplicitamente del matrimonium nei nn. 26, 48 e 57.
Tutto ciò portò alla riflessione che per la versione italiana dell'editio tipica altera si imponeva un lavoro non di sola traduzione dei testi, ma soprattutto di adattamento del Rito alla situazione culturale ed ecclesiale italiana. Questo lavoro, impegnativo e contrastato, è durato cinque anni ed ha coinvolto, in particolare, la Commissione Episcopale per la liturgia e quella per la Famiglia. Finalmente il 29 aprile 2004, per il documento conclusivo è arrivato il decreto di approvazione e di conferma della Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti.
Tale versione non è quindi né una semplice traduzione né, tanto meno, un nuovo rito del matrimonio, ma una sua revisione per adattarlo alla situazione pastorale italiana. Queste precisazioni non vogliono essere soltanto una cronistoria tecnico-informativa, ma la descrizione di tappe che hanno contrassegnato un cammino laborioso, tormentato, ostacolato, fatto di ombre e di luci, portato avanti con tenacia e con un grande amore per il dono di questo “mistero grande”, come lo chiama San Paolo (Ef 5,32).

Il nuovo “Rituale”
Il nuovo Rito è contenuto in un Rituale pubblicato, che è così articolato:
• Decreti (pagg. 5-8),
• Presentazione della C.E.I. (pagg. 9-14),
• Premesse Generali (pagg.15-28),
• Capitolo Primo – Rito del Matrimonio nella celebrazione eucaristica (pagg.29-62),
• Capitolo Secondo – Rito del Matrimonio nella celebrazione della Parola (pagg. 63-92),
• Capitolo Terzo – Rito del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana (pagg. 93-106),
• Capitolo Quarto – Testi vari da utilizzare nel Rito del Matrimonio e nella Messa “per gli sposi” (pagg. 107- 264).
L'edizione in commercio deve ritenersi ancora provvisoria (non per quanto riguarda i risultati dell'adattamento, che sono approvati definitivamente dalla Chiesa italiana), per almeno tre ordini di motivi:
- l'approvazione della nuova traduzione della Bibbia per la liturgia, implicherà il dover adeguare le pericopi del Lezionario (Cap. Quarto) e di tutti quei testi in cui la Parola di Dio risuona alla lettera;
- ci potrebbe essere per il futuro qualche integrazione (ad esempio la versione italiana non comprende, al momento, l'adattamento del capitolo terzo dell'edizione tipica latina del 1990, sul “Rito del Matrimonio con l'assistenza di un laico”);
- la correzione di qualche errore apparso nell'edizione ufficiale, come, ad esempio, quello, già corretto nell'immediata ristampa del Rituale, che al n. 162, Benedizione nuziale nel Rito del Matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana, traduceva il termine latino foedus , non con patto ma, impropriamente, con sacramento. E qui si può aprire un interessante dibattito.

Riferimenti
1. Con la celebrazione del sacramento del Matrimonio gli sposi cristiani partecipano all'alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa e ricevono la grazia di viverla e manifestarla nel loro rapporto di coppia e nella vita familiare. Si tratta di una celebrazione in cui si attua un evento salvifico. Per questo la Chiesa ha rivolto al sacramento del Matrimonio un'attenzione costante e premurosa.
Di tale attenzione è espressione l'adattamento per la Chiesa italiana dell’Ordo celebrandi Matrimonium, promulgato nella seconda edizione tipica il 19 marzo 1990.
2. Nell'adattamento sono stati tenuti presenti i principi della riforma liturgica del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium, nn. 37-40), il capitolo "De aptationibus" (nn. 39-44) dell’Ordo celebrandi Matrimonium (1990), e la quarta Istruzione per una corretta applicazione della Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia La Liturgia romana e l’inculturazione (1994).
Sono state rispettate le caratteristiche del Rito dell'edizione tipica del 1990, che è pensata e strutturata con contenuti e sequenze rituali essenziali proprio perché le Chiese particolari procedano a una loro inculturazione. Si è voluto, però, anche rispondere a una rinnovata coscienza ecclesiale del Matrimonio, di cui fanno fede, tra gli altri documenti, l'Esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II (1981) e il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia (1993).
Sono state prese in considerazione inoltre le riflessioni e le osservazioni degli organismi competenti e dei fedeli, che è stato possibile raccogliere in circa trentanni di esperienza celebrativa del sacramento del Matrimonio seguendo la traduzione della prima edizione dell’Ordo celebrandi Matrimonium (1969).
La caratterizzazione di alcuni testi eucologici e di alcune sequenze rituali, e l'arricchimento del Lezionario tengono conto sia di istanze di natura teologica sia di necessità di ordine pastorale, fatta comunque salva la sostanziale unità del rito romano, nel rispetto della sua nobile semplicità, chiarezza, brevità.
La ricchezza dei testi biblici ed eucologici e la varietà delle forme viene già incontro alla diversità delle situazioni e delle esigenze degli sposi, ed esclude pertanto il ricorso ad altri testi ed espressioni.
3. Il testo italiano non comprende al momento l'adattamento del capitolo terzo dell'edizione tipica latina del 1990 sul "Rito del Matrimonio con l'assistenza di un laico".


RITO DI DEDICAZIONE DI UNA CHIESA
Praenotanda
La dedicazione vuole elevare il luogo di riunione dei cristiani a essere segno di unione tra loro nello Spirito e in Cristo; vuol fare della «chiesa di pietra» una non indegna immagine della «Chiesa viva, fatta di uomini».
2. Il significato ecclesiale dell'assemblea riunita è dato dalla convocazione sacramentale operata dalla SS. Trinità, in vista della pienezza escatologica. La realtà del tempio rituale pone in luce la provvisorietà del momento terreno e proietta l'assemblea nella pienezza della Gerusalemme celeste, sottolineando il carattere pellegrinante della comunità riunita nello Spirito.
3. La dedicazione è l'epifania della Chiesa locale che, per la prima volta, si riunisce nel nuovo luogo di culto per celebrare la gioia eucaristica d'essere assemblea. Nella chiesa-tempio la Chiesa si riunisce per pregare, ascoltare la Parola, rendere grazie, accogliendo la missione di cantare nella quotidianità le meraviglie di Dio.
4. La chiesa è segno della presenza di Dio in mezzo al suo popolo e in essa si celebrano le diverse presenze sacramentali di Cristo, mediante le quali la comunità cresce come Corpo di Cristo.
5. L'altare, segno dell'altare-mensa e dell'altare-luogo del sacrificio, mette in risalto, al centro dell'edificio, la sua profonda significazione cristologica. È attorno all'oblazione pasquale del Redentore che la Chiesa-popolo di Dio riscopre la propria verità e la propria consistenza. La stessa collocazione delle reliquie pone in luce il significato pasquale oblativo dell'altare.
6. Attorno all'altare ruotano gli altri luoghi che caratterizzano l'aula dell'assemblea, come l'altare, l'ambone, il battistero..., e gli oggetti del culto quali il calice e la patena. La centralità dell'altare dà profonda consistenza agli elementi architettonici e a tutto ciò che serve alla celebrazione cultuale e orienta la loro interpretazione in chiave chiaramente cristologico-pasquale.
7. La dedicazione della chiesa assume un ruolo profetico in ordine alla riscoperta da parte dei cristiani della loro dignità battesimale ed eucaristica. Infatti la dedicazione della chiesa intende richiamare ai fedeli la loro vocazione, celebrata nei sacramenti dell'iniziazione cristiana, a essere tempio di Dio nello Spirito e a essere Chiesa-Corpo di Cristo.
8. Il tempio, nelle sue forme e nella sua ornamentazione, assume un ruolo sia catechetico che profetico di fronte al mondo e mistagogico nei riguardi dei fedeli che, attraverso i valori espressi nell'architettura, nell'arredamento e nell'iconografia, vengono pungolati a riscoprire le ricchezze che nella celebrazione liturgica sono attuali e vengono comunicate nello Spirito Santo.
9. La pregnanza del valore della dedicazione della chiesa e dell'altare deve essere offerta pastoralmente attraverso una intensa preparazione dei fedeli, in modo che in quel tempio possano riscoprirsi assemblea riunita nel nome del Signore.
10. Nelle varie premesse teologico-pastorali viene sottolineata l'importanza della celebrazione dell'anniversario della dedicazione della chiesa, così che i fedeli comprendano sempre meglio, attraverso la realtà del tempio, cosa significhi essere Chiesa ed essere entrati a far parte della comunità ecclesiale. Da queste diverse proposte teologico-liturgiche scaturisce come il rito della dedicazione della chiesa e dell'altare rappresenti uno strumento per riscoprire il valore del luogo della celebrazione - evitando ogni forma di lettura sacralizzante - e per aiutare i fedeli a godere d'essere chiesa nella SS. Trinità attorno al Cristo pasquale.


IL MESSALE DELLA MADONNA

Introduzione
1. Il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», dopo aver esposto la dottrina cattolica sulla natura della venerazione alla santa Madre di Cristo, esorta «tutti i figli della Chiesa, perché generosamente promuovano il culto, specialmente liturgico, verso la beata Vergine»1. Lo stesso Concilio, nella Costituzione sulla sacra Liturgia, aveva illustrato l'esperienza della Chiesa universale riguardo al culto liturgico reso alla Vergine: «Nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con particolare amore Maria santissima Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l'opera della salvezza del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere»2.
2. La Sede Apostolica, spinta dall'esortazione del Concilio e guidata dalla secolare esperienza della Chiesa, si è alacremente adoperata per la promozione di una corretta pietà verso la Madre di Dio. Per cui, nell'ambito della liturgia romana, la venerazione verso la beata Vergine Maria si presenta ricca di contenuti e organicamente inserita nello svolgimento dell'anno liturgico3.
3. La liturgia romana, infatti, nel suo Calendario generale offre ai fedeli non rare occasioni per commemorare nel corso dell'anno liturgico la partecipazione della beata Vergine al mistero della salvezza: offre altresì preziose testimonianze di pietà mariana non solo nel Messale e nella Liturgia delle Ore, ma anche in altri libri liturgici, alcuni dei quali contengono apposite celebrazioni per venerare la memoria dell'umile e gloriosa Madre di Cristo4.
La Beata Vergine Maria nella Celebrazione del Mistero di Cristo
4. La liturgia per mezzo dei santi celebra l'opera della salvezza compiuta da Dio Padre per Cristo nello Spirito Santo :
— salvezza annunziata ai patriarchi e ai profeti. «L'economia dell'Antico Testamento era ordinata soprattutto a preparare, ad annunziare profeticamente (cfr Lc 24,44; Gv 5,39; 1 Pt 1,10) e a significare con vari tipi (cfr 1 Cor 10,11) l'avvento di Cristo redentore dell'universo e del regno messianico»5;
— salvezza manifestatasi pienamente in Cristo Gesù, Figlio di Dio, incarnatosi nel grembo verginale di Maria di Nazaret, mediatore della nuova ed eterna Alleanza. Egli con il mistero della sua Pasqua ha riconciliato l'umanità con il Padre (cfr Col 1,22; 2 Cor 5,18-19), ed effondendo su di essa lo Spirito di adozione (cfr Rm 8,15-17; Gal 4,5-6), l'ha associata intimamente a sé, per renderla capace di offrire in spirito e verità (cfr Gv 4,23) un culto gradito al Padre ;
— salvezza che si prolunga nel «tempo della Chiesa» attraverso l'annuncio del Vangelo e la celebrazione dei sacramenti (cfr Mt 28,18-20): essi fanno sì che le generazioni che si succedono nella storia aderiscano alla parola che salva e siano inserite nel mistero pasquale ;
— salvezza che avrà il suo pieno e universale compimento nella gloriosa seconda venuta di Cristo (cfr Mt 24,30; At 1,11), quando egli, annientata la morte, sottometterà a sé tutte le cose e consegnerà il Regno a Dio Padre (cfr 1 Cor 15,24-28).
5. Celebrando i divini misteri, la Chiesa celebra l'intera opera della salvezza; celebrandola attualizza gli eventi passati e, nell' «oggi cultuale»6, opera la salvezza dei fedeli, i quali, pellegrini sulla terra, sono tuttavia diretti verso la città futura (cfr Eb 13,14).
La beata Vergine Maria, secondo il piano di Dio e a motivo del mistero di Cristo e della Chiesa, «ha partecipato intimamente alla storia della salvezza» 7, ed è stata attivamente presente, in modo vario e mirabile, ai misteri della vita di Cristo.
6. Le messe della beata Vergine Maria traggono la loro origine di essere e il loro valore nell'intima partecipazione della Madre di Cristo alla storia della salvezza. La Chiesa infatti celebrando il ruolo della Madre del Signore nell'opera della redenzione o i suoi privilegi di grazia, celebra anzitutto i fatti salvifici a cui, secondo il disegno di Dio, la beata Vergine fu associata, in vista del mistero di Cristo.

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