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La Composizione simbolica della V Domenica di Quaresima

V Domenica di Quaresima
Tra coloro che erano saliti al Tempio per il culto vi erano anche alcuni Greci, i quali volevano vedere Gesù. Tutti gli corrono dietro e vogliono incontrarlo, ma Gesù è preso da una realtà altra, interiore, che lo attanaglia: la certezza che è giunta la sua ora. Così risponde a chi vuole vederlo: “...se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Giovanni,12,20-33). La parabola raffigura la morte e la resurrezione di Gesù. Una parola turba questo discorso: cioè, il morire, che Gesù riferisce a se stesso. Perché morire, mentre tutti lo cercano, mentre ha tanto bene da svolgere? Gesù focalizza la sua attenzione sul verbo “produrre”, non sul verbo “morire”. Muore il chicco nella sua forma, ma la vita che contiene in sé, rimane, germoglia, si trasforma, produce frutto. Gesù sa che è giunta la sua ora. L' ora il cui pensiero gli fu compagno tutta la vita come un doloroso presagio. Ora è turbato dal sopraggiungere dell'evento. Ne sente tutta l'angoscia e il rifiuto. L'autore della lettera agli Ebrei descrive i suoi sentimenti di paura e di sgomento quando dice “...offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà” (Ebrei 5,7-9). Gesù prega per sé e ottiene la forza per accettare la sua obbedienza nel soffrire. Questo ci insegna, così conclude la sua missione: Gesù accetta la morte per far capire al mondo, dall'alto della croce, come si ama. Anche noi, chicco destinato alla terra. Ogni nostro dolore, fatica, distacco, diminuzione,... costituisce una piccola o grande esperienza di morte, che ci turba, ci mette in crisi. La risposta istintiva è il rifiuto, la lotta, il contrasto. Eppure, la morte fa parte della vita ed è in funzione della vita. Dio non vuole la morte, la quale è conseguenza del peccato, ma vuole la vita, vuole la nostra gioia, la nostra realizzazione. In quei momenti di “lutto”, Dio è lì nel nostro dolore, soffre con noi, non ci abbandona come non ha abbandonato Gesù, ci dona la forza di reggere, di accettare, di lasciarci lavorare dal Vasaio e “trasfigurare” dalle sue mani e dal suo cuore, perché anche in noi si sciolga l'amore. La composizione simbolica presenta una consistente radice d'albero, su cui sono disposti una pianta di aloe e rami di magnolia in boccio, a indicare aridità e deserto insieme a vita incipiente, prossima a sbocciare. La vita ha sempre la meglio sulla morte. Anche il deserto metterà germogli. Suor Maria Giorgia Mana

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